In provincia di Fermo, il Borgo di Altidona è situato su una pittoresca collina a 223 metri sul livello del mare, a soli 3,5 km dalla costa. Il territorio comunale si estende lungo l’Adriatico, dal fiume Aso al fosso San Biagio, e confina con i comuni di Fermo, Lapedona, Campofilone e Pedaso. Un tempo un castello fortificato, Altidona conserva ancora i residui delle sue mura medievali, che testimoniano la sua importanza difensiva.
L’origine del nome Altidona è incerta. Alcuni studiosi, come Giuseppe Speranza, lo collegano al termine “altino” dei Pelasgi, mentre altri, come Brandimarte, suggeriscono che il nome possa derivare dall’analogia con città fondate dai Siculi e dai Liburni, come Ancona e Ortona. La costruzione del castello risale al medioevo.
Brandimarte menziona che intorno al castello di Altidona esistevano altri castelli ormai scomparsi. Fino al 1653, le informazioni riguardanti Altidona erano basate su documenti storici, principalmente provenienti da Fermo, poiché un incendio distrusse l’Archivio parrocchiale di Altidona in quell’anno. Dopo la caduta dell’Impero Romano, Altidona, insieme a Lapedona e Fermo, fece parte dell’Agro di Palma (l’odierna Torre di Palme). Durante le invasioni barbariche, il castello passò sotto il controllo di conti feudali e, in quel periodo, il castello di San Biagio in Barbolano aveva particolare rilevanza.
Nel 1202, Altidona e i suoi alleati, tra cui Lapedona, Fermo e altri, combatterono contro Ancona e città alleate. La vittoria degli Altidonesi e dei loro alleati portò alla conclusione della pace a Polverigi, con la condanna di S.Elpidio a ricostruire Monte Urano. Nel 1244, il castello era sotto il controllo dei signori Trasmondo e Corrado Lopi. Nel 1314, i monaci di Farfa, proprietari ad Altidona, affrontarono una ribellione degli enfiteuti, che furono scomunicati. Altidona divenne parte del territorio governato da Fermo. Nel 1444, il conte Francesco Sforza inviò una guarnigione ad Altidona, che saccheggiò Montefiore e prese prigionieri.
Nel 1808, Altidona si ribellò contro il governo napoleonico, subendo danni dalle truppe francesi. L’archivio comunale conserva una nota sui danni subiti, inclusi quelli a Giuseppe Ciotti, che aveva salvato il sindaco dall’ira popolare. Durante il primo Regno Italico, Altidona fu la sede di un governo che controllava anche Lapedona e Moresco. Nel 1812, furono costruiti un cimitero e un semaforo di prima classe per monitorare il mare Adriatico. Dopo la caduta di Napoleone, Altidona e Lapedona rimasero unite fino al 1829, ma successivamente emersero nuovi dissidi riguardo all’unione dei due comuni.
Dal 1860, Altidona entrò nella storia nazionale. Nel 1866 contava 1.241 abitanti e disponeva di una varietà di servizi, tra cui un ospedale e un tiro a segno. Durante le due guerre mondiali, molti Altidonesi furono sacrificati, e il paese subì gravi danni, in particolare nella zona Marina. Nel dopoguerra, si verificò un grande sviluppo edilizio lungo la costa e fu eretta una nuova parrocchia.
Le chiese di Altidona, ricche di arte, includono la parrocchiale di Santa Maria e San Ciriaco e la chiesa della Misericordia. Altre chiese storiche ora scomparse includevano quella dei monaci cassinesi di San Biagio, la chiesa farfense di Sant’Angelo Vecchio, e la chiesa di San Giovanni del Priorato di Malta. Tra le opere d’arte di rilevo si trovano la croce processionale del XV secolo in argento sbalzato, un dipinto di Vincenzo Pagani, un polittico di Piero Cortese del 1390 e una scultura di legno del XIII secolo raffigurante la Madonna della Misericordia.